kantone/ti_sentenze/TI-sentenze-19499.html
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statuendo sul ricorso del 27 marzo 1997
in materia di: IMVI
ritenuto
in fatto ed in diritto
1. Il 3 marzo 1994, presso l’Ufficio esecuzioni di Lugano, venivano messi all’incanto il mapp. n. __________ ed una quota di 1/6 della part. n. __________ RFD di __________, appartenenti all’escussa __________ __________ di __________. La stima ufficiale dell’immobile era di fr. 1’787’400.– per il mapp. n. __________ e di fr. 870.– per il mapp. n. __________. La stima del perito incaricato dall’Ufficio esecuzioni ammontava invece a fr. 3’972’000.– per entrambi gli oggetti. I fondi erano gravati da crediti garantiti da pegno immobiliare, per un ammontare di complessivi fr. 3’481’558.75 (cfr. elenco oneri del 12 gennaio 1994, doc. 9). Gli oggetti in questione venivano aggiudicati in comproprietà ai signori __________ __________ di __________ (__________/__________) e __________ __________ di __________ (__________/__________), al prezzo di fr. 2’055’000.–.
2. Con decisione del 30 marzo 1994, l’Ufficio dei registri di Lugano notificava alla debitrice ed agli acquirenti la tassazione dell’imposta sul maggior valore immobiliare (IMVI), relativa all’aggiudicazione in questione. Commisurava il maggior valore a carico dell’alienante in fr. 411’000.–, pari alla differenza fra il valore di aggiudicazione e non meglio precisate “altre deduzioni” per fr. 1’644’000.–; l’imposta ammontava pertanto a fr. 76’992.–. Inoltre, accertava un ulteriore maggior valore di fr. 1’917’000.– (pari alla differenza tra valore di stima peritale e valore di aggiudicazione), che poneva a carico degli aggiudicatari in applicazione dell’art. 7 cpv. 2 LIMVI; l’imposta a loro carico era così di fr. 368’064.– (notifica del 6 maggio 1994, doc. 14). Gli acquirenti impugnavano la suddetta decisione, con reclamo del 19 maggio 1994, argomentando che non vi era maggior valore a carico dell’alienante per il fatto che l’art. 3 lett. c LIMVI esonera dall’imposta le aggiudicazioni in procedure esecutive; né ve n’era a carico degli acquirenti, avendo la stima peritale un mero valore “indicativo” per l’Ufficio esecuzioni (cfr. doc. 12). L’autorità di tassazione accoglieva in parte il reclamo, con decisione del 12 agosto 1994, nella quale annullava l’imposta a carico degli acquirenti, mentre confermava quella a carico della società escussa, argomentando che non era stata portata la prova che i creditori della stessa non fossero stati tacitati integralmente (doc. 13).
3. I signori __________ e __________ interponevano allora ricorso alla Divisione delle contribuzioni, in data 31 agosto 1994. I ricorrenti adducevano la circostanza che, contrariamente a quanto sostenuto nella decisione impugnata, non tutti i creditori erano stati tacitati. Nulla si opponeva pertanto, a loro avviso, all’esenzione dall’IMVI. La Divisione delle contribuzioni, tuttavia, accoglieva solo in parte il ricorso, con decisione del 26 febbraio 1997. Essa argomentava che i creditori che dovevano risultare scoperti al momento dell’aggiudicazione dell’immobile, perché fosse applicabile il motivo di esenzione invocato dai ricorrenti, erano solo quelli della società stessa. Nella fattispecie, tutti i creditori ipotecari della società erano stati soddisfatti; solo dei creditori di terzi, i cui crediti peraltro erano garantiti dallo stesso immobile, avevano subito perdite. L’autorità di ricorso rivedeva tuttavia il calcolo dell’imponibile, sostituendo la deduzione di fr. 1’644’000.–, concessa d’ufficio dall’Ufficio dei registri con la detrazione del valore di stima ufficiale (fr. 1’787’545.–), aumentato del 5% (fr. 89’377.–). L’imponibile si riduceva di conseguenza a fr. 178’078.– e l’imposta a fr. 32’271.–.
4. Con tempestivo ricorso alla Camera di diritto tributario, __________ __________ e __________ __________ chiedono nuovamente che l’aggiudicazione a loro favore degli immobili in questione sia dichiarata esente dall’IMVI. A loro avviso è del tutto irrilevante la circostanza che il pegno sia di proprietà del debitore stesso (nella fattispecie, l’azionista __________ __________) o del terzo proprietario del pegno (____________________), per il fatto che la legge richiede solo, perché si applichi l’esenzione richiesta, «che i creditori non siano stati interamente pagati». Ritengono, quindi, che si debba procedere al calcolo dell’eccedenza conformemente ai princìpi in vigore secondo la nuova legge tributaria, cioè sottraendo dal valore dell’alienazione il credito garantito dall’immobile; orbene, nella fattispecie, di eccedenza non ve ne sarebbe alcuna. I ricorrenti censurano infine quella parte della motivazione della decisione impugnata, in cui l’autorità amministrativa osserva che «lo spirito dell’art. 3 LIMVI non può essere quello di sfavorire lo Stato già penalizzato da comportamenti reprensibili di proprietari di società immobiliari e di banche accondiscendenti rispetto a operatori immobiliari che sanno cogliere le opportunità che si presentano in occasione delle aste immobiliari»; richiamano infatti l’autorità all’interpretazione letterale della legge.
5. 5.1. Lo Stato preleva un'imposta sul maggior valore immobiliare (IMVI) che colpisce l'incremento di valore o il guadagno realizzato nelle alienazioni di fondi (cfr. art. 1 LIMVI). Soggiacciono tra l'altro all'imposizione le alienazioni di fondi di cui l'alienante è proprietario da oltre cinque anni, se il valore dell'alienazione supera il valore ufficiale di stima aumentato del 5 % (cfr. art. 2 cpv. 1 lett. a LIMVI) e le alienazioni di fondi di cui l'alienante è proprietario da non più di cinque anni, se il valore dell'alienazione supera il valore determinato nella precedente contrattazione aumentato del 5 % (cfr. art. 2 cpv. 1 lett. a LIMVI). Oggetto dell'IMVI è pertanto la differenza di valore determinata conformemente ai suddetti disposti (cfr. art. 5 cpv. 1 lett. a, b LIMVI), ritenuto che anche l'alienante proprietario del fondo da oltre cinque anni può scegliere di essere imposto, in applicazione dell'art. 5 cpv. 1 lett. b LIMVI, sulla differenza tra il valore della precedente contrattazione e il valore d'acquisto (cfr. art. 5 cpv. 2 LIMVI).
5.2. L'art. 3 cpv. 1 lett. c LIMVI dichiara esenti dall'imposta sul maggior valore immobiliare «le aggiudicazioni di fondi in procedure di esecuzione, di realizzazione di pegno o di fallimento, come pure le alienazioni nella procedura concordataria, quando i creditori non siano stati interamente pagati». Tale disposizione tiene dunque conto delle ristrettezze in cui si trova il proprietario dell'immobile aggiudicato e delle perdite che subiscono i suoi creditori, introducendo un'apposita rinuncia all'esazione dell'imposta (Ochsner, Die Besteuerung der Grundstückgewinne in der Schweiz, Zurigo 1976, p. 113; Reimann/Zuppinger/Schärrer, Kommentar zum Zürcher Steuergesetz, Vol. IV, Berna 1969, p. 196; Mettler, Die Grundstückgewinnsteuer des Kantons Schwyz, Zurigo 1990, p. 132; Rumo, Die Liegenschaftsgewinn- und die Mehrwertsteuer des Kantons Freiburg, Friburgo 1993, p. 159 s.).
5.3. La dottrina interpreta la nozione di “alienazione in procedure esecutive” in modo estensivo, nel senso cioè della realizzazione forzata di un immobile in una delle forme previste dalla legge federale sulla esecuzione e sul fallimento (LEF). Vi rientra pertanto, in primo luogo, l’aggiudicazione in un procedimento in via di pignoramento (art. 88 ss. LEF), in via di realizzazione del pegno (art. 151 ss. LEF) o in una procedura di fallimento (art. 159 ss. LEF). Ma a queste forme di aggiudicazione gli autori assimilano la vendita a trattative private (art. 130 ed art. 256 LEF) ed anche il concordato giudiziale (Guhl, Die Spezialbesteuerung der Grundstückgewinne in der Schweiz, Zurigo 1953, p. 153; Locher, Das Objekt der bernischen Grundstückgewinnsteuer, Berna 1976, p. 216; Reimann/Zuppinger/Schärrer, op. cit., p. 197; Weidmann/Grossmann/Zigerlig, Wegweiser durch das st. gallische Steuerrecht, IV ediz., Berna 1987, p. 157; Rumo, op. cit., p. 160). La dottrina nega invece che si possa rinunciare all’esazione dell’imposta anche nel caso del concordato extragiudiziale, per il fatto che non vi è alcuna garanzia circa lo svolgimento successivo del concordato (Reimann/Zuppinger/Schärrer, op. cit., p. 197; Rumo, p. 160), il quale, d’altronde, è un semplice contratto di diritto privato fra debitore e creditori.
5.4. Questa Camera ha recentemente risposto al quesito se benefici dell’esenzione prevista dall’art. 3 lett. c LIMVI anche la vendita a trattative private, sebbene la disposizione in esame non contenga un generico riferimento alle “alienazioni in procedure esecutive”, bensì elenchi in modo apparentemente esaustivo gli atti che beneficiano dell'eccezione, precisando trattarsi delle “aggiudicazioni di fondi in procedure di esecuzione, di realizzazione di pegno o di fallimento” e delle “alienazioni nella procedura concordataria”. È evidente infatti che la vendita a trattative private non può essere fatta rientrare nel novero delle aggiudicazioni, per il fatto che con essa si mira proprio ad evitare l'aggiudicazione. Precisando la propria precedente giurisprudenza (CDT n. 16 del 9 marzo 1990, in RDAT I-1992 p. 270 ss.), la Camera ha però ritenuto che sarebbe arbitraria una distinzione, quanto alle conseguenze fiscali, fra aggiudicazione e vendita a trattative private, non essendovi fra le due fattispecie alcuna differenza tale da giustificare un diverso trattamento impositivo. Se si ammettesse una discriminazione simile, il solo effetto pratico sarebbe verosimilmente di disincentivare le trattative private nell'ambito delle procedure esecutive, con ripercussioni dannose in primo luogo sui creditori (CDT n. __________.__________.__________ del 27 ottobre 1995 in re P.L.).
6. Secondo l’autorità fiscale, non sarebbe applicabile il motivo di esenzione di cui all’art. 3 cpv. 1 lett. c LIMVI, per il fatto che presuppone che «i creditori non siano stati interamente pagati»; e, fra i creditori cui si riferisce la legge, rientrerebbero solo quelli dello stesso proprietario del pegno, non anche quelli di terzi il cui credito è garantito dallo stesso oggetto. Nella fattispecie, invece, le tre cartelle ipotecarie gravanti sui fondi della ricorrente, per complessivi fr. 1’200’000.–, garantivano debiti dell’azionista __________ __________ nei confronti della __________ __________ __________ e dell’__________ __________ __________ __________.
6.1. Con l’entrata in vigore della nuova legge tributaria, l’IMVI è stata sostituita dall’imposta sugli utili immobiliari. Anche la nuova disciplina legislativa prevede la rinuncia alla riscossione dell’imposta dovuta dall’alienante in seguito ad un’aggiudicazione. L'art. 139 cpv. 2 lett. a LT impiega peraltro una formulazione diversa della condizione cui è subordinata la rinuncia all’esazione: richiede cioè che «non risultino eccedenze a favore del debitore». La formulazione dell’art. 139 cpv. 2 lett. a LT non modifica, nella sostanza, l'art. 3 cpv. 1 lett. c LIMVI (Soldini/Pedroli, L’imposizione degli utili immobiliari, Lugano 1996, p. 338). Sebbene la nozione di eccedenze non sia un concetto giuridico della LEF, essa rende tuttavia chiaramente e in modo non equivoco la ratio della norma. La Commissione d’esperti, incaricata dal Consiglio di Stato di esaminare una modifica della LIMVI, aveva proposto la nuova formulazione della norma, osservando che «nel fallimento, per la natura stessa della procedura, non possono esserci eccedenze», sicché l’imponibilità di un’eccedenza può avvenire soltanto nel caso della realizzazione forzata di un fondo, la cui alienazione produce un introito che eccede il debito (Rapporto della Commissione di esperti sul progetto di legge sugli utili immobiliari, del 30 marzo 1989, p. 74 s.). Di conseguenza, anche la prova dell’esistenza di eventuali eccedenze risulterà più facile nel caso del fallimento, che non nell’ambito di una procedura in via di realizzazione del pegno o in via di pignoramento (Reimann/Zuppinger/Schärrer, op. cit., p. 197).
6.2. Una disposizione come quella in esame è conosciuta dalle legislazioni della maggior parte dei Cantoni (Ochsner, op. cit., p. 113 nota 357; rispetto all’elenco proposto, deve essere cancellata la menzione del Canton Zurigo, che ha stralciato il § 163 lett. b LT-ZH nel 1990). Mentre certe leggi, come quella ticinese, si limitano a riferirsi alle perdite subite dai “creditori”, vi sono invece casi in cui il legislatore ha voluto essere più preciso. Così, la legge tributaria del Canton Friburgo garantisce l’esenzione dall’imposta speciale in caso di vendita forzata, «lorsque les créanciers saisissants, gagistes ou admis définitivement à l’état de collocation ne sont pas tous entièrement désintéressés» (art. 53 lett. b LT-FR). In nessun caso, comunque, il legislatore ha manifestato la preoccupazione di tracciare una linea di demarcazione fra i creditori dello stesso proprietario dell’immobile oggetto dell’incanto e quelli di terzi. Come si vede, anche la legge friburghese, più precisa, si limita a riferirsi a quei creditori il cui credito è garantito dall’immobile oggetto dell’incanto o che hanno ottenuto il pignoramento dell’immobile o che comunque sono stati ammessi definitivamente in graduatoria.
6.3. Non mancano, d’altronde, voci critiche nei confronti dell’esenzione in esame, considerata un regalo fiscale a creditori imprudenti. In particolare, in dottrina si fa osservare come vi siano banche che, concedendo crediti ipotecari che oltrepassano il prezzo di acquisto dell’immobile, consentono al loro cliente di conseguire una sorta di “realizzazione anticipata” dell’incremento di valore dell’immobile; infatti, il proprietario immobiliare può, in tal modo, trasformare in denaro (almeno parzialmente) tale incremento di valore, senza alienare l’immobile. Stando così le cose, sarebbe incomprensibile che un cantone rinunciasse ad imporre l’utile scaturito in occasione della vendita forzata, non solo per considerazioni di ordine finanziario dello Stato ma ancor più per fondamentali ragioni di uguaglianza (Koller, Gesetzliche Grundpfandrechte zur Sicherung von Steuerforderungen – Probleme für Grundstückkäufer und Banken, in: Wiegand [a cura di], Theorie und Praxis der Grundpfandrechte, Berna 1996, p. 59). In altri termini, se gli istituti di credito trascurano di considerare gli oneri fiscali, nel calcolo degli importi da concedere in mutuo ai propri clienti, si ritiene che non sia giusto che le conseguenze di tale leggerezza si ripercuotano a svantaggio dell’ente pubblico. Lo stesso Tribunale federale, d’altra parte, ha avuto modo di precisare che non è affatto arbitrario prevedere un’imposta sull’utile immobiliare in occasione di ogni alienazione: nella misura in cui un utile è stato realizzato, in base alla differenza tra valore di acquisto e valore di aggiudicazione, il legislatore ha il diritto di imporre tale utile. Non vi sono argomenti logici, secondo l’Alta Corte, che potrebbero obbligare la collettività pubblica a cancellarsi di fronte agli altri creditori (RF 42/1987 p. 43 consid. 3c). Come già accennato, il Canton Zurigo ha recentemente rinunciato all’esenzione in questione. Con legge del 23 settembre 1990, entrata in vigore il 1° gennaio 1991, il Gran Consiglio Zurighese ha infatti stralciato la lett. b del § 163 della legge fiscale cantonale.
6.4. Si osservi, a tale proposito, che, prevedendo il prelievo dell’imposta sull’utile (o sul maggior valore) immobiliare anche nel caso di un’aggiudicazione, non si dovrebbe necessariamente renderne responsabile l’aggiudicatario.
6.4.1. Al contrario, nel caso del fallimento, il Tribunale federale ha ormai chiarito che l’imposta derivante dall’aggiudicazione rientra fra i debiti della massa ai sensi dell’art. 262 LEF, cioè fra quelle obbligazioni che sorgono da un fatto posteriore all’apertura del fallimento, non diversamente dalle spese della procedura di fallimento e dalle spese per l’amministrazione, la salvaguardia e la realizzazione degli attivi del fallimento. Pertanto, tali debiti non vengono neppure collocati in graduatoria, ma sono pagati integralmente e con assoluta precedenza sull’utile della realizzazione (Pedroli, L’ipoteca legale per crediti d'imposta, in: Borghi [a cura di], La riforma della legge tributaria, Lugano 1995, p. 106; anche in RDAT I-1995 p. 556; inoltre DTF 122 II 221 consid. 3). Secondo la dottrina, lo stesso principio deve valere anche per il caso in cui l’immobile aggiudicato sia gravato da ipoteche convenzionali per un valore superiore al prezzo pagato dall’aggiudicatario, il quale non è pertanto tenuto a versare alcun importo in contanti; oneri di rango inferiore non dovrebbero in tal caso essere messi a carico dell’aggiudicatario, nella misura corrispondente al credito d’imposta sull’utile immobiliare, in modo che vi sia la possibilità di pagare in contanti una parte del prezzo di aggiudicazione (Koller, Überbindung der Grundstückgewinnsteuer auf den Ersteigerer, der eine Liegenschaft in einer Zwangsverwertung erwirbt [Besprechung von BGE 120 III 128 ff.], in AJP 1995 p. 514; Koller, Gesetzliche Grundpfandrechte, cit., p. 58; Pedroli, op. cit., p. 106 nota 102; anche in RDAT I-1995 p. 556). Si ritiene che tale modo di procedere sia necessario, se si vuole evitare che il fisco faccia valere nei confronti dell’aggiudicatario l’ipoteca legale, costringendolo in tal modo di fatto a pagare l’imposta sull’utile immobiliare al posto della massa; conseguenza, quest’ultima, che è considerata iniqua, proprio perché la situazione di eccessivo aggravio ipotecario è determinata dall’imprudenza di chi ha concesso i crediti (Koller, Gesetzliche Grundpfandrechte, cit., p. 58).
6.4.2. Certo, in caso di esecuzione in via realizzazione del pegno, diversamente dal fallimento, non vi sarebbe la possibilità di mettere a carico della massa l’imposta nata con l’aggiudicazione. A disposizione del fisco rimarrebbe perciò soltanto lo strumento dell’ipoteca legale o – come nel caso dell’IMVI – della responsabilità solidale dell’acquirente (Pedroli, op. cit., p. 103; anche in RDAT I-1995 p. 553). Ma, anche in questo caso, ci sarebbe un modo, seppure indiretto, di mettere l’imposta sull’utile (o sul maggior valore) immobiliare a carico dei creditori e non dell’aggiudicatario. Basterebbe, infatti, che al momento dell’incanto, l’ufficiale delle esecuzioni informasse le parti dell’esistenza dell’imposta (latente) che nascerà con l’aggiudicazione: in tal modo i potenziali acquirenti (fra i quali rientrano, evidentemente, gli stessi creditori ipotecari) valuterebbero le proprie offerte tenendo conto di tale spesa supplementare.
6.5. Non è difficile concludere che, se un’esenzione fiscale come quella qui in esame solleva perplessità quando permette di privilegiare un creditore “spregiudicato” rispetto all’ente pubblico, riserve ancora maggiori si giustificano quando a trarne beneficio è un debitore ancor più “spregiudicato” che, in qualità di azionista di una società anonima da lui stesso controllata, ha costituito in pegno l’immobile della società, per garantire però un suo debito personale. In tali evenienze, si ha infatti una forma indiretta di prestito della società a favore dell’azionista. In primo luogo, ciò comporta una prestazione valutabile in denaro da parte della società a favore dell’azionista; quest’ultimo, infatti, ottiene un credito maggiore, costituendo in pegno l’immobile della società, rispetto a quello che avrebbe ricevuto costituendo in pegno le azioni della società stessa. La prassi degli istituti di credito è infatti di accordare mutui solo nella misura del 30-50% del valore venale presunto delle azioni, a causa del pericolo di perdita di valore della società in seguito a cattiva gestione o all’andamento negativo degli affari. Nella tassazione della società, occorrerà allora aggiungere agli utili una commissione, quale rimunerazione del rischio assunto (Bernardoni/Duchini, La fiscalità dell'azienda, Bellinzona 1993, p. 324; Grosjean, Comptes débiteurs-actionnaires; quelques considérations fiscales et comptables fondées sur la pratique, in ASA 56, p. 318; cfr. inoltre la giurisprudenza dei tribunali di Friburgo e di Neuchâtel, in RF 51/1996 p. 142 e in RDAF 52/1996 p. 167). In secondo luogo, operazioni di tal genere mettono in serio pericolo l’incasso, da parte dell’autorità fiscale, delle imposte sugli utili realizzati al momento della vendita dell’immobile. Infatti, l’azionista ha utilizzato, prelevandole praticamente dalla società, le riserve occulte esistenti sul patrimonio sociale. In caso di sua insolvibilità, sarà messo all’incanto l’immobile della società, con la conseguenza che, mentre i crediti ipotecari della banca saranno rimborsati con precedenza, il fisco non potrà di solito essere soddisfatto, in relazione all’imposta sorta con l’alienazione dell’immobile. Se il fisco vuole premunirsi contro un simile rischio, deve, conosciuta l’esistenza di impegni fuori bilancio, esigere delle garanzie dalla società (Bernardoni/Duchini, op. cit., p. 325 s.; Grosjean, op. cit., p. 320).
6.6. Ora, tutte le considerazioni che precedono inducono senz’altro a condividere il disagio dell’autorità fiscale, che vede irrimediabilmente compromesse le sue possibilità di incassare l’imposta sul maggior valore immobiliare, a causa degli accordi intervenuti tra l’azionista della __________ __________ e gli istituti di credito che hanno ipotecato il suo immobile. Non si vede, tuttavia, come sia possibile scongiurare un simile risultato, alla luce dell’art. 3 cpv. 1 lett. c LIMVI, il cui obiettivo è proprio quello di privilegiare i creditori privati rispetto all’ente pubblico. Appare difficilmente compatibile non solo con la lettera ma anche con la ratio della norma in esame, in particolare, l’interpretazione della disposizione suggerita dalla Divisione delle contribuzioni nella decisione impugnata. Non vi è infatti alcun elemento che permetta di ritenere che i “creditori”, che per l’art. 3 devono essere interamente pagati perché l’autorità possa prelevare l’imposta, siano solo quelli dello stesso debitore d’imposta e non anche creditori di terzi. A ciò si aggiunga un’ulteriore considerazione, relativa alla natura della procedura esecutiva nell’ambito della quale è avvenuta la vendita dell’immobile. La realizzazione del pegno è una procedura esecutiva speciale, che non include tutti i beni del debitore, ma un oggetto in particolare. Ci si domanda allora che senso abbia fare una distinzione fra i debiti del proprietario del pegno e i debiti di terzi, dal momento che gli uni e gli altri figurano indistintamente nell’elenco oneri. Si potrebbero, poi ipotizzare anche risultati paradossali, ammettendo la distinzione proposta. Si pensi al caso di due coniugi che hanno adottato il regime della separazione dei beni: la moglie si fa intestare la casa, ma il marito contrae il debito con la banca per finanziare l’acquisto o la costruzione; nel momento in cui la casa dovesse andare all’incanto, si dovrebbe escludere la banca dal novero dei “creditori” di cui all’art. 3 cpv. 1 lett. c LIMVI? Se, dunque, questa Camera condivide le perplessità dell’autorità fiscale in relazione alla situazione creata dall’applicazione della disposizione legislativa in discorso, essa ritiene peraltro che non sia possibile trovare una soluzione del problema in via interpretativa. Soprattutto, non trova equo che il rimedio proposto si risolva in un pregiudizio degli aggiudicatari, ai quali non può essere accollata alcuna responsabilità per gli atti del debitore e dei creditori privati. Come si è osservato in precedenza (v. supra, consid. 6.3. e 6.4.), anche la dottrina più critica nei confronti dell’esenzione delle aggiudicazioni immobiliari sottolinea come le conseguenze della imprudente condotta dei creditori privati nella concessione di mutui non debbano pregiudicare né il creditore ente pubblico né, d’altronde, l’aggiudicatario. In conclusione, se una soluzione per casi come quello in esame deve essere trovata, la stessa necessita di un intervento del legislatore e deve tenere adeguatamente conto di tutti i diritti e gli interessi in gioco.
7. Il ricorso è conseguentemente accolto. Non si prelevano né tassa di giustizia né spese processuali, mentre ai ricorrenti è riconosciuta un’indennità per ripetibili.
Per questi motivi, visti per le spese gli art. 20 LIMVI, 11 RIMVI e 231 LT 1994
dichiara e pronuncia
1. Il ricorso è accolto. § Di conseguenza, la decisione su reclamo del 26 febbraio 1997 è riformata nel senso che è constata l’esenzione ex art. 3 cpv. 1 lett. c LIMVI dell’aggiudicazione immobiliare del 3 marzo 1994.
2. Non si prelevano né tassa di giustizia né spese. Ai ricorrenti è riconosciuta un’indennità di fr. 2’000.– per ripetibili.
3. Intimazione alle parti.
4. Il presente giudizio è definitivo (art. 230 cpv. 3 LT 1994).
per la Camera di diritto tributario del Tribunale d’appello Il Presidente: Il Segretario: |
Ultimo aggiornamento: 23.04.2018 | Informazioni legali | Requisiti minimi | Contatta il webmaster